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Intervista a Vito Crimi

Continua l’appuntamento di Aidr con le istituzioni per fare chiarezza sulla pandemia. Abbiamo parlato con il senatore Vito Crimi, capo politico del Movimento Cinque Stelle e vice Ministro dell’Interno.

di Rosangela Cesareo, responsabile relazioni istituzionali di Aidr

Senatore Crimi, come si sente nelle vesti di capo politico di un partito ad affrontare questa pandemia?

Questa carica prevede delle grandi responsabilità già in condizioni normali: certamente in questo momento sono ancora maggiori e avverto tutto l’onere del ruolo in una fase estremamente difficile per il Paese. Considero me e il Movimento totalmente al servizio dei cittadini e del bene del Paese e interpreto il mandato con questo spirito. Avverto lo stesso approccio da parte di tutti i nostri parlamentari e ministri, si lavora senza sosta pensando soltanto a fare il più in fretta possibile tutto ciò che serve per la sanità, famiglie, lavoratori, imprese”.

Quali sono i punti di forza con cui il governo sta gestendo l’emergenza? Secondo lei ha commesso errori?

Il governo ha dimostrato di saper agire in modo coeso, con fermezza e rapidità rispetto a un’emergenza inaspettabile in queste dimensioni. La macchina dell’esecutivo ha impresso un’accelerazione fortissima ai processi decisionali, intervenendo con tempismo attraverso le misure che man mano si rendevano necessarie: sanità, lavoro, imprese, sostegno a chi sta perdendo il reddito, sicurezza. Ricordo che sono state prese misure molto forti fin dall’inizio. Ad esempio abbiamo bloccato i voli da e per la Cina e imposto limitazioni negli spostamenti, mentre  altri paesi ci guardavano pensando che stavamo esagerando: adesso il modello Italia viene replicato ovunque. Siamo comunque in una situazione in continua trasformazione che comporta anche risposte in continua evoluzione, progressive e proporzionate. Alla luce di ciò, sono state effettuate delle scelte che, col senno di poi possono essere anche giudicate corrette o meno, ma nel momento in cui sono state prese tenevano conto delle informazioni e dello stato dell’arte in quel momento. Non parlerei di errori, quindi, ma di scelte, condivisibili o meno”.

La sanità italiana non si è purtroppo trovata pronta alla gestione del coronavirus. Cosa si può fare per migliorare?

“La sanità italiana purtroppo ha subito un costante depauperamento negli ultimi decenni e anche in anni recenti. Con il governo Conte questa tendenza aveva cominciato ad essere invertita, ma prima dell’arrivo di questa emergenza non aveva ancora potuto dispiegare i suoi effetti. Alla luce di quello che sta accadendo, ci troviamo di fronte alla necessità di investire sempre di più nella sanità pubblica: personale medico, strutture, materiale, tecnologie e ricerca. Non solo, ritengo che almeno in parte si debba ripensare il comparto per superare la gestione regionale, che ha provocato evidenti differenze di approccio. Ma non devono preoccuparsi i governatori di regioni in cui il servizio sanitario ha dato una buona risposta, nessuno vuole metterli in discussione, ma sono sicuramente emersi  modelli più efficaci rispetto ad altri e dunque ritengo che vadano presi ad esempio”.

La tecnologia oggi gioca un ruolo fondamentale. Sembra che l’unica positività generata dal virus sia rappresentata dalla necessaria trasformazione digitale dell’Italia. Cosa ne pensa?

“Che il Movimento 5 Stelle fin dalla sua nascita ha creduto nella necessità di investire nella tecnologia. La digitalizzazione dell’Italia non è più rinviabile, il gap che ci portiamo dietro da troppi anni va colmato e quando saremo tornati finalmente alla normalità questo deve diventare uno degli asset strategici fondanti dell’operazione di rilancio del nostro Paese. Non possiamo permetterci di tornare indietro, di non imparare da questa vicenda. La cosa che più mi preoccupa, ad esempio, è che dopo questa vicenda qualcuno possa pensare di archiviare i passi in avanti compiuti durante l’emergenza, tornando ai vecchi modelli. Penso alla scuola, ad esempio, con la didattica a distanza: non può essere archiviata senza pensare ad una sua integrazione stabile nell’ambito della didattica tradizionale o addirittura come spunto per ripensare tutto il modello didattico affinché sia flessibile e adattabile anche a situazioni di emergenza come attuale. Oggi ad essere stato coinvolto è tutto il paese, ma in passato ci siamo trovati in situzioni similari, ma circoscritte territorialmente, come nel caso dei terremoti o di altre calamità naturali. Lo stesso vale per la Pubblica amministrazione.

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