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Da Eliogabalo ai giorni nostri, quando corruzione e illegalità vanno oltre il tempo

di Biagino Costanzo, Responsabile Osservatorio SEC di Fondazione AIDR e Presidente di Knosso®

Ebbene sì, sin dall’antica Roma ma anche avanti Cristo di sicuro, l’uomo si è sempre distinto per corruzione. Ma cosa è la corruzione?  Domanda banale? Non proprio, ma cerchiamo di fare una riflessione un po’ diversa dal solito.

La corruzione è una vera e propria degenerazione non solo economica ma spirituale e morale, una depravazione, il totale abbandono della dignità e dell’onestà.  È di fatto la massima attività criminale, tolto l’omicidio, verso la collettività tutta.

Il termine “corruzione” deriva dal verbo latino “rumpere” (rompere), dunque con l’atto della corruzione viene spezzato qualcosa, ma cosa? L’integrità richiesta da un ruolo? Un patto di fiducia? Si, certamente. Possiamo dire meglio, delle regole morali o più specificamente delle regole e leggi amministrative.

Un Paese, il Mondo intero corrotto non è posto per i giovani, la corruzione smorza le ali alla speranza, priva le nuove generazioni del diritto di inseguire la felicità in base ai talenti e le spinge a inseguire altrove i sogni che danno senso al fluire delle ore e allo scorrere dei giorni. La corruzione spegne il desiderio di migliorare il proprio stato sociale e il senso stesso del sacrificio per raggiungere gli obiettivi prefissi.

La corruzione, quindi, è un comportamento della persona che abusa della sua posizione di fiducia per ottenere un vantaggio indebito, un guadagno personale. Essa si può riscontrare sia nei rapporti pubblici che privati. Dunque, c’è anche da dire che non tutti gli abusi di pubblico ufficio sono atti di corruzione, ma bensì di semplice furto, truffa, appropriazione indebita o attività simili. Ad esempio, se un pubblico impiegato si appropria illegalmente di una somma di denaro pubblico senza fornire alcun servizio o favore a nessuno, questa non è da intendersi come corruzione ma è semplicemente “un ladro”. Inoltre, si deve distinguere tra corruzione, in cui entrambe le parti coinvolte ne traggono beneficio, ed estorsione che avviene quando una persona ottiene illecitamente denaro, beni o servizi da un altro soggetto con la coercizione. La corruzione può essere vista come una gigantesca tassa occulta che impoverisce l’intero Paese su tutti i fronti, l’immagine all’estero crolla, fa perdere credibilità all’economia e gli investimenti diretti in quel paese diminuiscono. Certamente la corruzione ha un costo e inseguito lo analizzeremo. Quanto pesa sui cittadini questa tassa occulta? Non si può rispondere a questa domanda con esattezza. La corruzione così come tutti gli altri fenomeni sommersi è difficile da misurare semplicemente perché non si hanno abbastanza dati su di essa, possiamo praticare delle stime sul valore economico della corruzione.

La corruzione è un male che ha sempre caratterizzato l’uomo e tutte le civiltà, come ho accennato all’inizio, anche quelle più antiche. Dalle civiltà mesopotamiche, dove la reciprocità tra il dono interessato ed il favore richiesto era una consuetudine consolidata, all’Atene di Pericle o alla Roma di Cicerone, dove la tangente era un costume formalmente condannato benché ampiamente diffuso, dall’Europa della Riforma luterana, cruciale nella fondazione di un’etica anticorrosiva, all’irrisolta questione morale dei giorni nostri.

Si parla spesso ma a vanvera di etica, integrità, lotta alla corruzione.

Innanzitutto parlare di questi temi in ogni ambito e in ogni settore di una organizzazione di donne e uomini solo per riempire un questionario, per ottenere una certificazione o perché fa moda, anzi porta investitori e aumenta il valore delle azioni ma di fatto poi, è possibile, non dico che succeda, ma spesso succede, che sono bei principi da manifesto, enunciazioni, mentre gli stessi non vengono nella realtà vera e non virtuale, applicati e rispettati.

Ricordiamo sempre che possiamo definire “integrità” come la qualità dell’agire in accordo con valori e regole morali fondamentali. È un concetto applicabile sia agli individui che alle organizzazioni.

L’etica invece è l’insieme delle regole e dei valori che consentono di distinguere ciò che è giusto da ciò che è sbagliato. Invece quando parliamo di “valori” si fa riferimento a principi in base ai quali si può dare un peso (giusto/sbagliato) alle diverse possibili azioni che un individuo può intraprendere. Le “regole” morali invece indicano il comportamento moralmente corretto in una data situazione.

Le definizioni su citate mostrano immediatamente lo stretto legame tra i concetti di integrità ed etica. Infatti, l’etica è il parametro per valutare l’integrità di un individuo o di un’organizzazione. Passando invece al rapporto con il concetto di corruzione è interessante evidenziare due profili particolarmente significativi.

Sono questioni entrate a far parte in modo rilevante dell’agenda politica e amministrativa del nostro Paese. L’entrata in vigore della legge 6 novembre 2012, n. 190, recante “Disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell’illegalità nella pubblica amministrazione” è un significativo segnale dell’importanza attribuita alle questioni etiche nei processi di sviluppo e competitività dell’economia in Italia. Numerose ricerche hanno evidenziato il legame tra i livelli di corruzione e i livelli di sviluppo socio-economico. In particolare, le analisi empiriche hanno messo in evidenza una stretta correlazione tra gli indici di misurazione della corruzione e i livelli di investimenti diretti e di crescita del PIL. Le misurazioni realizzate a livello internazionale, come per esempio quelle della Banca Mondiale, mostrano una situazione nella quale l’Italia è fortemente segnata dal problema della corruzione. Una ricerca commissionata dalla Direzione generale delle politiche regionali della Commissione europea ha comparato la qualità del governo dei 27 paesi dell’Unione europea, indagando quattro indici, uno dei quali rappresentato dal controllo della corruzione. L’Italia si colloca in fondo alla graduatoria, sia nella classifica generale, sia in quella specifica sul controllo della corruzione, seguita solo da Grecia, Romania e Bulgaria. Nello stesso studio, l’analisi sulle regioni ha evidenziato una forte variabilità all’interno dei confini nazionali e ha posizionato la Campania e la Calabria tra le regioni europee più “corrotte”. In questo contesto, negli ultimi anni, le strategie nazionali di contrasto alla corruzione hanno segnato una significativa evoluzione.

Come dimostra la legge 190/2012, da un approccio finalizzato alla sola repressione dei fenomeni corruttivi, si è passati a una maggiore attenzione alla fase di prevenzione, promuovendo l’integrità come modello di riferimento. Fare leva sull’integrità significa, da un lato, creare e diffondere consapevolezza nelle amministrazioni pubbliche e nella società civile sugli impatti negativi di comportamenti non etici; dall’altro, introdurre meccanismi e strumenti finalizzati a rendere le amministrazioni e, in particolare, le attività a maggiore rischio di corruzione, trasparenti e socialmente controllabili, con ricadute virtuose sul rendimento democratico delle istituzioni.

Sono quattro gli assi portanti su cui intervenire:

  1. a) l’adozione all’interno delle amministrazioni di piani di prevenzione della corruzione, nei quali si dovranno individuare i settori a maggior rischio e le soluzioni organizzative volte ad abbattere o ridurre quel rischio;
  2. b) l’adozione di misure per l’integrità dei funzionari pubblici;
  3. c) l’innalzamento dei livelli di trasparenza delle amministrazioni;
  4. d) la tutela del whisteblowing.

Tuttavia, affinché l’adozione di strumenti di prevenzione non segua una mera logica di compliance normativa, è necessario creare una infrastruttura tecnica e metodologica e diffondere conoscenze approfondite sugli strumenti di prevenzione della corruzione e di promozione dell’integrità. Inoltre, occorre costruire le condizioni per un loro corretto e consapevole utilizzo nelle amministrazioni pubbliche. In altri termini, non si può effettivamente promuovere l’etica e l’integrità se non si risolvono due fondamentali categorie di problemi, come favorire l’effettiva sensibilizzazione dei dipendenti pubblici e degli stakeholder alle tematiche dell’etica, dell’integrità e della trasparenza nelle pubbliche amministrazioni e nelle aziende private e come far sì che le amministrazioni interiorizzino l’etica, l’integrità e la trasparenza nei processi decisionali e gestionali, attraverso quali strumenti e attraverso quale modus operandi.

Infatti, la prevenzione della corruzione richiede alcune condizioni fondamentali, tra cui:

  1. la misurazione e valutazione dell’entità del fenomeno;
  2. la comprensione delle sue cause;
  3. la stima degli effetti;
  4. la definizione e attuazione di strategie e strumenti, anche avvalendosi di un confronto costruttivo con le esperienze internazionali. A questo fine, la prospettiva di analisi tipica delle scienze economiche e sociali può offrire un punto di osservazione molto utile e interessante, non solo per comprendere il fenomeno ma proprio per rilevarne l’entità, comprenderne le cause, valutarne gli effetti e, infine, per definire efficaci strategie di contrasto e prevenzione. Evitando di addentrarsi nell’ampio e articolato dibattito scientifico relativo alla definizione e classificazione della corruzione, di seguito riportiamo, in termini schematici le più recenti acquisizioni di tale dibattito.

In termini sintetici e generali la corruzione può essere intesa come l’abuso da parte di un soggetto del potere a lui affidato al fine di ottenerne vantaggi privati.

Gli elementi fondamentali della definizione sono:

  • il potere che viene affidato;
  • il soggetto a cui il potere è stato affidato;
  • l’abuso di potere che il soggetto realizza;
  • il vantaggio privato che deriva dall’abuso.

Il potere può essere inteso come la delega a un soggetto della capacità di stabilire regole per altri o di imporre ad altri il rispetto di queste regole, o ancora di prendere decisioni obbligatorie per altri. Il soggetto a cui tale potere è affidato può essere un soggetto pubblico (ad esempio: politico, burocrate, magistrato, ecc.) o un soggetto privato (es. amministratore di un’impresa). L’abuso si ha quando il potere non è esercitato nei termini previsti dalla delega.

Ed ecco l’ANAC

E’ l’Autorità Nazionale Anticorruzione, una autorità amministrativa indipendente il cui compito è quello di prevenire fenomeni corruttivi nell’ambito delle pubbliche amministrazioni e delle società partecipate e controllate. L’authority svolge il suo compito attraverso un’attività di vigilanza nell’ambito dei contratti pubblici, degli incarichi e comunque in ogni settore della pubblica amministrazione potenzialmente esposto a corruzione.

In base all’articolo 13 comma 3 del Dl 150/2009 (come modificato dal Dl 101/2013) l’Autorità è guidata da un organo collegiale composto da un presidente e 4 componenti. Essi devono possedere una comprovata esperienza in ambito di contrasto alla corruzione e non possono essere scelti tra chi riveste incarichi pubblici elettivi o all’interno di partiti e sindacati.

Nata nel 2009 come Commissione per la valutazione, la trasparenza e l’integrità delle amministrazioni pubbliche (CIVIT), l’autorità è stata riformata più volte da una serie di norme che ne ha n particolare, dapprima il Dl 101/2013 e, successivamente, il 90/2014 ne hanno ridisegnato la fisionomia.  Da quando è stata istituita, l’Anac è diventata il perno intorno a cui ruota gran parte dell’azione di contrasto alla corruzione. Basti pensare che, tra il 2015 e il 2020, la sua attività ha comportato la pubblicazione di migliaia di atti. Quello più adottato è la delibera (2.896 in 5 anni), seguono i pareri di pre-contenzioso (2.209), i pareri sulle normative (1.062) e gli atti del presidente (253). In questo periodo di tempo sono state 338 le delibere che hanno comminato sanzioni economiche. Dal 2015 al 2020 Anac ha adottato 338 misure sanzionatorie e nel 2022  le segnalazioni per falsa dichiarazione sul possesso requisiti di partecipazione alle gare previsti dall’articolo 80 e dall’articolo 83 del d.lgs. n. 50/2016, pervenute  sono state 383.

Non mancano però le critiche e le proteste sulle attività dell’Autorità. In particolare, specie negli ultimi anni, l’attività di contrasto alla corruzione è stata vista più come un ostacolo al rapido svolgimento delle opere pubbliche che come una tutela contro il malaffare.

Questa convinzione ha portato, ormai 5 anni fa, il governo del tempo a velocizzare le procedure, adottando il decreto sblocca cantieri. Questa norma prevedeva significativi allentamenti nei vincoli di trasparenza sugli appalti pubblici. L’idea che le norme sulla trasparenza siano più una perdita di tempo che una garanzia si è stata confermata anche durante l’emergenza legata al coronavirus.

Bisogna però ricordare che, Giuseppe Busia, attuale Presidente di Anac non manca di affermare che una leva potente per attuare la propria missione e per coinvolgere altri soggetti nella lotta alla corruzione è la digitalizzazione.  Infatti, al  1° Meeting annuale del G20 Anticorruzione  tenutosi in India a  New Delhi, ha sottolineato che “Le tecnologie digitali rappresentano un potente alleato nella promozione della trasparenza, integrità e responsabilità e per favorire l’impegno civico nella prevenzione della corruzione, grazie alle opportunità che offrono per migliorare l’accessibilità delle informazioni, facilitare la partecipazione dei cittadini e connettere le persone”.

Stessa riflessione è stata posta dal Prof. Paolo Coppola docente di informatica presso l’università di Udine, il quale conferma che la digitalizzazione può contribuire alla vita democratica e arginare la corruzione, iniziando a trasformare davvero la pubblica amministrazione.

Utile è ricordare che i  valori di trasparenza ed integrità dovrebbero contraddistinguere ogni organizzazione pubblica o privata di cui è composto il tessuto economico internazionale e il raggiungimento nonché mantenimento di tali valori favorisce la buona reputazione e la prosperità delle stesse organizzazioni e si traduce in modelli organizzativi che contribuiscono a sviluppare, oltre ad un solido approccio etico orientato al contrasto dei fenomeni corruttivi, una concreta impronta di efficienza e di efficacia. In questo contesto lo standard internazionale di gestione aziendale finalizzato ad agevolare il contrasto alla corruzione e a favorire una cultura della trasparenza e dell’integrità all’interno di organizzazioni di qualsiasi Stato, dimensione e assetto giuridico è  la norma ISO 37001 ‘Anti-bribery management systems’ (‘Sistemi di gestione anticorruzione’), la quale raffigura senza dubbio una best practice per l’adozione di sistemi di prevenzione della corruzione, non si contrappone ad altri modelli organizzativi regolamentati dalle legislazioni nazionali dei singoli Stati e può essere presa come riferimento in ambito pubblico, privato e no profit.

È un dato di fatto che l’informatizzazione dei processi e la digitalizzazione dei documenti rappresentano fattori determinanti per una efficiente politica anticorruttiva all’interno delle organizzazioni. Infatti, usando queste leve è possibile tracciare le attività, ridurre il rischio di flussi informativi non controllati, agevolare la circolarità delle informazioni e intercettare eventuali dinamiche corruttive, nonché effettuare un efficiente monitoraggio del rispetto dei termini procedurali e contrattuali laddove previsti.

Vi è anche, determinante, il Decreto legislativo imperante su questi temi è il 231/2001 (“responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, delle società e delle associazioni anche prive di personalità giuridica”), tra i tanti reati che riguardano la Legge vi sono:

  • corruzione per l’esercizio di una funzione (art. 318 c.p.);
  • corruzione per un atto contrario ai doveri d’ufficio (art. 319 c.p.);
  • corruzione in atti giudiziari (art. 319 ter c.p.);
  • induzione indebita a dare o promettere utilità (art. 319 quater c.p.);
  • corruzione di persona incaricata di un pubblico servizio (art. 320 c.p.);
  • pene per il corruttore (art. 321 c.p.);
  • istigazione alla corruzione (art. 322 c.p.);
  • peculato, concussione, induzione indebita a dare o promettere utilità, corruzione e istigazione alla corruzione di membri delle Corti internazionali o degli organi delle Comunità europee o di assemblee parlamentari internazionali o di organizzazioni internazionali e di funzionari delle Comunità europee e di Stati esteri (art. 322 bis c.p.)
  • abuso d’ufficio [solamente quando il fatto offende gli interessi finanziari dell’Unione Europea] (art. 232 cp)
  • traffico di influenze illecite (art. 346 bis c.p.)
  • corruzione tra privati (art. 2635 c.c.);
  • istigazione alla corruzione tra privati (art. 2635 bis c.c.);

Dalle ultime indagini Eurobarometro sulla percezione risulta che la corruzione rimane una grave fonte di preoccupazione per cittadini e imprese dell’UE. Oltre sette europei su dieci (il 71 %) ritengono che la corruzione sia diffusa nel loro paese e più di quattro europei su dieci (il 42 %) ritengono che il livello di corruzione sia aumentato nel loro paese. D’altra parte, solo il 34 % degli intervistati ritiene che gli sforzi del loro governo per combattere la corruzione siano efficaci. Inoltre, più di sei imprese europee su dieci (il 63 %) ritengono che il problema della corruzione sia diffuso nel loro paese e la maggioranza delle imprese (il 51 %) ritiene improbabile che persone o imprese corrotte nel loro paese vengano individuate o denunciate alla polizia o alle procure.

Vorrei evidenziarvi, ad esempio, due aspetti, su tanti altri, di come, inoltre, può declinarsi la piaga della corruzione sia in ambito privato che pubblico, di cui sono venuto a conoscenza. Il primo riguarda un manager italiano, un mio conoscente, che entrato in un Cda di un azienda multinazionale, ostacolato, (dal sempreverde, antico, italico male dell’invidia), da un parte del top management, ma caldeggiato dagli azionisti, quelli che decidono davvero, per sbloccare un grande, grave e perdurante problema di adeguamento normativo che bloccava milioni di euro di commesse e che solo lui, in quel momento storico, aveva la possibilità di sbloccare, cosa che avvenne,  nel momento in cui è venuto meno, suo malgrado, il motivo principale per il quale avevo messo a disposizione il suo lavoro, tempo, credibilità, impegno, professionalità e  integrità, si è dimesso immediatamente, senza che qualcuno degli stakeholder glielo avesse chiesto e quindi, mi ha detto, poteva benissimo non dimettersi fino a quando, per farlo, poteva chiedere e cedere ad aspetti poco limpidi nei rapporti con i fornitori dell’azienda  o “semplicemente” in cambio di denaro. Questo dimostra che non tutto è perduto, persone per bene ancora esistono, coloro che pur rimettendoci prebende e potere non cedono a nessun aspetto corruttivo che potrebbe facilitare la strada della propria carriera. Anzi, poi, ci ha rimesso anche in quella!

Un altro, è un amico personale che, recandosi a fare vista alla propria tomba di famiglia in un grande cimitero cittadino per procedere a far richiesta di documentazione si è ritrovato in una fila e un impiegato pubblico comunale si è avvicinato dicendogli che poteva saltare la fila in cambio di un “regalo”. Ora moltiplichiamo questo per chi sa quanti, ed ecco che il sistema collassa, in un Paese, non dimentichiamocelo mai, dove chi non ne approfitta è ritenuto solo uno sciocco, poco furbo.

Quanto ci costa tutto questo, una stima

La corruzione, alimentata dalla bramosia di denaro che nutre anche le attività mafiose, può essere scalfita, come affermava Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, (del quale in questi giorni cade il 31° anniversario della strage in via D’Amelio), seguendo i soldi, “follow the mony”.

L’Italia è oggi al 41° posto nella classifica di Trasparency.

La corruzione costa all’economia europea circa 950 miliardi di euro l’anno e a quella italiana almeno 237 miliardi, l’anno pari a circa il 13 per cento del Pil, secondo una recente ricerca internazionale (del centro Rand). È una zavorra pericolosissima che rischia di vanificare l’effetto delle risorse del Piano nazionale di ripresa e resilienza.

In base a valutazioni recenti e studi dedicati, la corruzione ha effetti negativi economici, finanziari e sociali decisamente importanti, su tutte le attività pubbliche e private producendo meno investimenti in beni e servizi, costi più elevati degli stessi, riduzione dell’occupazione, riduzione dei redditi e dei consumi, meno entrate fiscali e lievitazione dei costi in generale.  Secondo alcuni osservatori le misure introdotte  per ridurre la corruzione nel settore pubblico per il momento si sono limitate agli aspetti burocratici e poco è stato fatto a riguardo della formazione, istruzione e valutazione dei dirigenti e dipendenti per loro presunti sforzi anticorruzione.

Il fenomeno della corruzione ha anche gravi effetti finanziari, perché sugli importi percepiti i corrotti non pagano tasse, ed esportano capitali all’estero, nei paradisi fiscali. Purtroppo, la cooperazione fra i vari paesi, anche all’interno dell’Unione Europea, è molto carente e manca di seria efficacia.

Anche i relativi procedimenti penali in Italia sono farraginosi, lenti e spesso decadono per prescrizione dei termini. Da notare anche che molta parte delle spese dello stato sono finanziate da debiti, anche verso la Unione Europea. Nel bilancio di previsione dello stato per il 2022 gli interessi passivi sono 84 miliardi, a cui bisogna aggiungere quelli pagati da enti locali e le partecipate, consociate ed enti delle varie amministrazioni centrali e locali. È evidente che i costi provocati dalla corruzione contribuiscono anche alla crescita degli interessi passivi. Soprattutto, la corruzione ha un costo economico e sociale molto elevato. Aumenta la disparità nell’accesso alle prestazioni statali e mina la coesione sociale. Impedisce la trasparenza e altera la concorrenza.

Secondo le stime del World Economic Forum (WEF) i costi generati dalla corruzione ammontano a 2600 miliardi di dollari (5% del PIL mondiale) all’anno.  Credo che questo dica tutto!

Quante risorse sprecate che potrebbero da sole risolvere le emergenze sociali. Si è calcolato che le risorse così sprecate in Italia potrebbero da sole risolvere le maggiori emergenze sociali: esse sono pari, infatti, a circa due volte il budget nazionale per la sanità pubblica; a dodici volte i fondi per le forze dell’ordine, a sedici volte gli stanziamenti per combattere la disoccupazione.

Il risultato? Gli investimenti stranieri vengono allontanati dalla percezione di un’elevata corruzione, fattore di incertezza sui tempi di risposta della burocrazia, di fatto equivalente a una tassa occulta sul capitale investito. Insomma, tutto ci possiamo ora permettere tranne di restare ancora per molto un Paese sempre meno appetibile per investimenti esteri. In definitiva, meno sviluppo e crescita per la Nazione che è proprio quello che dovremmo evitare.

           “Se accorci le mani alla corruzione, tagli anche le gambe alla manipolazione.” (E.Melis)

Fonti: Ministero dell’Economia e delle Finanze; ANAC; “La Corruzione. Definizione, misurazione e impatti economici” (Formez PA); Infodata; Il Sole24Ore”.

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