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Esiti Ocse-Pisa 2018 – Strategie per contrastare le scarse capacità di lettura degli studenti

Oggi gli strumenti tecnologici ci spingono a leggere sempre più per sommi capi, influenzando in negativo la comprensione e l’analisi del contenuto. Questa recente abitudine può, a nostro avviso, essere la causa principale dell’esito dell’ultimo round OCSE-Pisa che ha evidenziato che solo il 5% dei quindicenni italiani è in grado di comprendere un testo e valutarne l’attendibilità (1).
Il rapporto che abbiamo instaurato con la tecnologia ci porta a percorrere una strada diversa da quella che ci ha accompagnato in seimila anni di evoluzione con un itinerario in cui il nostro cervello ha sviluppato una serie di circuiti neuronali che ci rendono capaci di elaborare le informazioni, dai testi più semplici a quelli più elaborati.
Secondo M. Wolf, però, non serve essere luddisti: l’innovazione, afferma, non è sbagliata in sé e il vantaggio di cui disponiamo, in questo caso, è che le capacità di lettura, comprensione e ragionamento non sono determinate geneticamente, ma si sviluppano in correlazione all’ambiente(2). 

Sfide per la scuola
Ciò comporta per la scuola la necessità di un approccio formativo diverso e capace di favorire l’acquisizione da parte degli studenti di capacità di comprensione e di distinzione tra fatti e opinioni anche quando leggono un testo per loro non familiare. L’Associazione Nazionale Presidi propone il superamento dell’attuale modello didattico trasmissivo, basato sull’apprendimento nozionistico, per adottare un approccio fondato su formulazione di ipotesi, deduzione di conseguenze e confronto con la realtà (3).
Secondo Maryanne Wolf diventa anche necessario coltivare un nuovo tipo di cervello “bi-alfabetizzato” in grado di cogliere tutti i contenuti e gli aspetti più profondi di ciò che leggiamo, indipendentemente dal mezzo che utilizziamo.

Qualche proposta
A scuola per migliorare le capacità di lettura dei ragazzi si potranno svolgere proposte didattiche che impegnino gli studenti nel reperimento di informazioni spesso caoticamente disseminate nella rete Internet, che li aiutino a migliorare la comprensione del testo e la capacità di discernere tra fatti e opinioni e, infine, nella valutazione della qualità delle fonti che pubblicano le informazioni reperite.
Dei tre «compiti» misurati dal test OCSE:

  1. capacità di localizzare l’informazione che si cerca nel mare magnum della rete,
  2. comprensione del testo,
  3. valutazione della qualità delle fonti

gli studenti italiani sono in difficoltà soprattutto nel primo (4). 

Per migliorare la capacità dei ragazzi di localizzare l’informazione in Internet bisognerà proporre esercitazioni di ricerca fondate sull’utilizzo della ricerca avanzata, degli operatori booleani opportunamente inseriti nella stringa di ricerca. Agli studenti bisognerà insegnare a raffinare la ricerca effettuando lo “scalettamento dei dati”, utilizzando i caratteri Jolly ed utilizzando eventualmente la ricerca per termini antagonisti.
Il “confronto con la realtà” auspicato dall’ANP sarà facilmente praticabile proponendo esercitazioni basate su informazioni di sicura qualità reperite in Internet da fonti autorevoli. Ovviamente sarà necessario fare acquisire agli studenti non solo la capacità di discernere tra fatti e opinioni, ma anche quella di sapere individuare e smascherare le fake news purtroppo così diffusamente presenti in Rete. A questo riguardo va segnalato che nell’era della post verità può essere difficile coinvolgere gli studenti in attività di fact checking se l’ambiente familiare e degli adulti che loro frequentano non dimostrano interesse a verificare le notizie reperite nei social network e più in generale diffuse dai media (5).
Per coltivare un nuovo tipo di cervello “bi-alfabetizzato”, come indicato da M. Wolf, andranno svolte esercitazioni predisposte ad hoc che implichino una lettura più attenta e profonda utilizzando dispositivi digitali. Un possibile percorso potrebbe prevedere delle attività didattiche iniziali tese a sollecitare una lettura più attenta dei documenti multimediali proposti.  Diventa necessario, a nostro parere, che l’attenzione dei ragazzi sia sollecitata sia relativamente alla lettura e comprensione dei testi scritti, sia relativamente al contenuto e a quanto evocano o implicano le immagini e i video proposti. In una successiva fase si potranno impegnare gli studenti nello svolgimento di compiti che, per onorare la consegna, prevedano la necessità di incrociare, facendo sintesi, le informazioni presenti in più documenti che ovviamente riguarderanno contenuti collegati alla materia insegnata.
Una buona strategia, sperimentata in classi del primo biennio della scuola secondaria superiore, potrebbe essere quella di abbinare sia alla prima che alla seconda fase del percorso sopra indicato dei test digitali predisposti in precedenza dal docente (6).

La presenza di test collegati con l’attività di analisi di documenti multimediali proposti ha avuto, nella sperimentazione effettuata, un importante effetto catalizzatore dell’attenzione degli studenti nello svolgimento delle esercitazioni proposte.
L’insieme delle proposte sopra riportate possono contribuire a contrastare il problema di lettura evidenziata dal test OCSE-PESA 2018, ma non pretendiamo di essere stati esaustivi, infatti è sicuramente possibile ideare molti altri percorsi didattici ugualmente efficaci.

Condizioni di contesto
Ci sembra utile a conclusione di questo articolo segnalare alcune condizioni di contesto che riteniamo indispensabili per un approccio alla didattica, anche digitale, che come auspicato dall’ANP possa superare “l’attuale modello didattico trasmissivo, basato sull’apprendimento nozionistico”.
Una prima condizione è che nella definizione dell’orario scolastico sia sempre favorita la calendarizzazione di lezioni della durata di due ore consecutive. Ciò in quanto lo spezzettamento delle lezioni in singole ore favorisce e spesso forza la scelta di un approccio didattico trasmissivo mentre lo svolgimento di lezioni della durata di due ore consente lo svolgimento di attività per sviluppare negli studenti la capacità di gestire sé stessi, le relazioni e i processi. Ricordiamo che agire con competenza secondo Le Boterf (2008, p.89) (7) è la risultante di tre fattori: saper agire, ovvero mobilitare le proprie risorse (conoscenze, capacità, atteggiamenti, e altro) in situazione; voler agire, con ciò si intende volontà e motivazione personale; potere agire, ovvero possibilità di agire in un contesto che consente e legittima la possibilità di assumere responsabilità e rischi (8).
In un recente articolo Carlo Giovannella segnala che “Accanto alle competenze più o meno hard associate alle professionalità […], l’analisi fa emergere anche l’interesse da parte delle aziende per un certo numero di “LIFE skills“: il problem solving, il team working, la comunicazione efficace, la flessibilità (declinata in termini di adattabilità al cambiamento), la gestione delle risorse (incluse le proprie), il pensiero divergente e la creatività” (9). Una formazione tesa all’acquisizione di competenze di life skills necessita di tempi ampi, quindi almeno due ore consecutive, per potere svolgere il tipo di attività che ne consentano lo sviluppo. La definizione dei criteri per l’elaborazione dell’orario settimanale delle lezioni compete al Collegio dei docenti, ma sicuramente la scelta di inserire il maggiore numero possibile di lezioni della durata di due ore può essere promossa e sostenuta con ampie possibilità di successo da parte dei Dirigenti scolastici.
Sul tema delle competenze acquisite dagli studenti e della loro certificazione Giancarlo Cerini ricorda che “[…] Dalle suggestioni provenienti dagli ormai storici documenti europei degli anni ’90 (Delors, Cresson, ecc.) fino alle più recenti pronunce dell’Unione Europea sulle competenze chiave (2006) e sul quadro comune delle qualifiche (2008) il dibattito su certificazione e competenze è sembrato seguire due vie parallele: da un lato, la progressiva messa a punto del concetto di competenza (in termini di cittadinanza, life skills, abilità essenziali e strategiche), dall’altro, lo sforzo di trasparenza nel rilascio dei titoli e delle qualifiche spendibili nel mercato del lavoro comunitario.”
“[…] Ma il rischio di una certificazione non ben ponderata è quella di trasformarsi in un atto formale, più o meno simile alla valutazione di fine anno” (10).
Dal confronto tra le nostre esperienze e quelle di colleghi con cui ci siamo confrontati emerge che il rischio paventato da G.Cerini che la certificazione delle competenze si trasformi in un atto formale possa realizzarsi anche mediante il trasferimento nella valutazione delle competenze dei voti dati in verifiche tradizionali fondate sull’acquisizione di contenuti. Il problema è che attività didattiche che puntano allo sviluppo nei discenti di competenze, soprattutto se digitali, riesce se viene proposta da docenti competenti. Crediamo perciò nell’importante contributo che la formazione degli insegnanti potrà svolgere in tale ambito.

Il prof. Fulvio Oscar Benussi, socio AIDR è docente di scuola secondaria di secondo grado, formatore e pubblicista. Esperto di innovazione didattica ha tenuto numerosi speech in Università italiane ed estere. Vari suoi contributi, molti redatti in collaborazione con Annamaria Poli ricercatrice dell’Università degli studi di Milano Bicocca, sono stati pubblicati in riviste scientifiche dell’ambito universitario.

 

1. Gianna Fregonara, Orsola Riva, “Ocse-Pisa 2018, gli studenti italiani non sanno più leggere”, Corriere della sera on line, 3 dicembre 2019, https://www.corriere.it/scuola/secondaria/cards/ocse-pisa-2018-studenti-italiani-non-sanno-piu-leggere-voi-superereste-test/italiani-piu-deboli-lettura-che-matematica_principale.shtml

2. Riflessioni liberamente tratte da The Guardian Skim reading is the new normal. The effect on society is profound di Maryanne Wolf, direttrice del Center for Dyslexia, Diverse Learners and Social Justice della Ucla https://www.theguardian.com/commentisfree/2018/aug/25/skim-reading-new-normal-maryanne-wolf

3. Anp: Ocse dimostra che va cambiato modello didattico, il sole 24 ore, 4 dicembre 2019, http://scuola24.ilsole24ore.com/art/scuola/2019-12-03/anp-ocse-dimostra-che-va-cambiato-modello-didattico-175551.php?uuid=AC8zt52&fromSearch

4. https://www.corriere.it/scuola/secondaria/cards/ocse-pisa-2018-studenti-italiani-non-sanno-piu-leggere-voi-superereste-test/campione-italiano.shtml

5. A conclusione di un’esercitazione di approfondimento in fonti autorevoli uno studente affermò: “queste competenze non servono: mi sono reso conto che agli adulti non interessa approfondire e verificare le notizie diffuse dai media.” Vedere: https://www.agendadigitale.eu/scuola-digitale/come-sviluppare-in-classe-competenze-digitali-e-capacita-critiche-la-sfida/

6. Per i test nella sperimentazione effettuata abbiamo utilizzato google forms

7. Le Boterf G. (2008). Costruire le competenze individuali e collettive. Napoli: Guida.

8. In merito al concetto di competenza e al suo complesso e significato numerosi altri autori hanno scritto, in particolare si rimanda l’approfondimento a due autori italiani riguardo il curricolo per la scuola secondaria. (Tinchero R. & Robasto D. 2013, pp 43-51). Media, linguaggi, creatività. Un curricolo di media education per la scuola secondaria di primo grado Trento, 2013, Erickson.

9. Carlo Giovannella, “SKILL MATCH. Quali competenze per il lavoro: cosa cercano le aziende e cosa deve fare la scuola”, Agenda digitale, 25 ottobre 2019, https://www.agendadigitale.eu/cultura-digitale/quali-competenze-per-il-lavoro-cosa-cercano-le-aziende-e-cosa-deve-fare-la-scuola/

10. Giancarlo Cerini, “Il tormentone della certificazione delle competenze”, Educazione &scuola,8 dicembre 2019, https://www.edscuola.it/archivio/riformeonline/tormentone_della_certificazione.htm

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