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Competenze digitali: intervista a Roberto Scano

Attualmente il tema delle competenze digitali sta interessando il mondo della formazione con rinnovato interesse. Dopo gli anni della grande attività di alfabetizzazione informativa (fine anni 90 – inizio 2000), il settore della formazione si deve confrontare con le competenze fondamentali per portare il singolo e l’impresa ad utilizzare pienamente e consapevolmente le tecnologie digitali.

Oggi “operare al computer” ha implicazioni assai più complesse di un tempo, perché prevede non solo “competenze di base”, ma “competenze di e-leadership” e “competenze professionali”.

Con uno slogan potremmo sintetizzare che oggi è necessario “pensare in digitale”.

Scopriamo con Roberto Scano – Esperto per la normazione e diffusione delle competenze digitali presso l’Agenzia per l’Italia Digitale

Oggi si parla molto di competenze digitali, possiamo dare una definizione “ufficiale”? Quali sono i riferimenti da considerare?

È vero, è importante sottolineare come si è evoluto il concetto di “competenza digitale” da una interpretazione meramente operativa sull’usare gli strumenti informatici ad una competenza complessa che facilita i processi di formazione. Ciò implica il passaggio da formazione sugli strumenti informatici a una formazione orientata al “ragionare in modo digitale”. Per così dire dal modello classico dell’ECDL-like all’uso consapevole del Digitale.

Dal punto di vista dei riferimenti esiste un framework europeo già operativo per le competenze dei professionisti ICT di tutti i settori industriali: e-CF European e-Competence Framework 3.0 (norma tecnica UNI EN 16234-1) . Questo framework ha impatto sulla formazione tradizionale e professionale.

AgID sta inoltre lavorando al recepimento delle linee guida Europee per la definizione delle competenze di base, tramite il recente aggiornamento di DIGCOMP alla versione 2.1 per l’applicazione ai contesti della pubblica amministrazione ed anche applicabili trasversalmente ai diversi contesti dalla formazione, alle professioni, come ad esempio al mondo sanitario e alla scuola. Ad esempio si sta lavorando con ordini professionali per delineare anche le competenze digitali delle figure che oggi devono necessariamente interagire con il digitale.

L’approccio è dunque quello di recepire e valorizzare in Italia l’esperienza europea ed in particolare il modello tedesco che vede le competenze digitali di base trasversali ad ogni tipo di materia, contesto o professione. Come AgID si sta cercando di favorire una visione trasversale delle competenze digitali che permettano a cittadini, impresa e pubblica amministrazione di interagire efficacemente sfruttando a pieno le potenzialità degli strumenti digitali. Dallo SPID (Sistema Pubblico per la gestione dell’Identità Digitale) che fornisce un sistema unico di identità digitale al cittadino e all’impresa,  utile per operare con la Pubblica Amministrazione, fino al framework delle professioni ICT, come strumento per uniformare le competenze e far crescere profili qualificati nel mercato del lavoro. Tante sono le attività messe in campo e in cantiere per attuare la digitalizzazione della società.

Le linee guida europee distinguono tra “competenze di base ”, di “e-leadership”, e “competenze specialistiche ”. Come possiamo descriverle anche i relazione ai diversi destinatari di formazione?

Per le competenze di base non c’è ancora una definizione univoca, ma un piano di lavoro nell’ambito dell’iniziativa DIGCOMP che ha un orizzonte molto prossimo. Per la definizione di specifiche linee guida in ambito europeo, si prevede la conclusione dei lavori per fine dell’anno corrente.

Dal progetto della Coalizione per le competenze digitali recentemente concluso, cui venivano raccolte esperienze da diversi tipi di operatori, si è passati a lavorare alla definizione puntuale delle competenze di base, sul modello di quanto già fatto per le competenze specialistiche in ambito ICT.

L’obiettivo, infatti, è di adottare i vari framework e il modello di profilazione e-CF per la catalogazione di tutti i profili di competenza, sulla base quindi di un unico impianto metodologico.

Ad esempio, ciò significa che potenzialmente un “animatore digitale”, che oggi viene formato in modo assolutamente eterogeneo, potrà avere le stesse competenze riconoscibili non solo nelle singole regioni italiane, ma in un futuro non remoto, avere un profilo omogeneo con gli omologhi europei. Il beneficio della catalogazione è proprio quello di garantire profili certi e specializzati, per alzare l’asticella delle competenze minime richieste in ambito digitale.

L’adozione di un quadro unificato di riferimento, permette da un lato di recepire i modelli europei, potendo così ad esempio qualificare dipendenti della PA e del settore privato su un sistema unificato, e dall’altro adottare tale schema anche nell’acquisto di servizi da fornitori catalogandoli secondo specifiche competenze.

Ciò si auspica favorirà una effettiva concorrenza degli enti formativi su competenze misurabili, mentre oggi interpretano le esigenze in modo eterogeneo (ad esempio nei corsi FSE) spesso per mancanza di modelli di riferimento. Il lavoro in corso con DigCOMP porterà alla realizzazione di un dizionario di competenze simile a quello alle competenze linguistiche inserendole nel curriculum vitae in formato europeo, diventando uno standard di riferimento per le competenze digitali. Ciò permetterà di includere nella competenze anche quanto acquisito in ambito di formazione informale (come previsto nel Decreto sulla Formazione informale ), potendo poi avviare i percorsi di certificazione delle competenze acquisite.

Questo lavoro sarà rafforzato con quanto previsto nel Piano Triennale della P.A. – Azione 32 , per la revisione dei profili già maturati, con collaborazione attiva tra i diversi soggetti, tra cui  AgID e Istat, per allineare tra l’altro il Catalogo delle Professioni  e la normazione tecnica nazionale in materia di professioni non regolamentate.

In relazione alle competenze di e-leadership la normativa le descrive come “le capacità di utilizzare al meglio le tecnologie digitali all’interno di qualsiasi tipo di organizzazione e di introdurre innovazione digitale nello specifico settore di mercato in cui si opera.”

Volendone dare una definizione più operativa, quali sono secondo lei le caratteristiche specifiche di questa competenza?

Sono già attive delle iniziative di approfondimento per la definizione di tali competenze. Ad esempio il recente lavoro della JRC sul framework Entrecomp è dedicato proprio alle competenze di e-leadership per la qualificazione dei manager, che si inserisce nella Nuova Agenda di Competenze per l’Europa (New Skills Agenda for Europe).

In che modo la maggior competenza digitale può essere un vettore di innovazione nelle imprese?

Senz’altro le competenze di e-leadership sono da riternersi un fattore abilitante delle imprese italiane. Molte imprese con una scarsa propensione all’innovazione rischiano infatti un maggior rischio di entrare in crisi. Attraverso il miglioramento delle competenze gestionali anche attraverso la produzione e favorire l’innovazione, le imprese possono migliorare la loro capacità di risposta al mercato.

Può indicarci una sua personale definizione di cosa significa “pensare in digitale”?

Pensare in digitale oggi rappresenta una chiave strategica. Competenza digitale non è infatti solo utilizzare prodotti digitali per il lavoro o diletto (programmi, risorse web, ecc.), ma progettare in modo diverso. Ciò implica superare la logica per cui la digitalizzazione sia una traduzione, per così dire, “analogica” dei processi precedenti, mentre deve essere  un effettivo ripensamento dei processi sfruttando pienamente le potenzialità delle tecnologie digitali.

Quale ruolo si prevede per gli enti di formazione privati nella costruzione di competenze specialistiche ? Quale ruolo per la formazione digitale?

Gli enti di formazione possono già ora lavorare utilizzando i framework già operativi, offrendo percorsi formativi coerenti per creare profili effettivamente certificabili e competitivi sul mercato del lavoro.

Ispirarsi ai modelli europei significa praticamente già includere nei percorsi formativi elementi e contenuti concretamente mappabili, come ad esempio per le competenze di base: la navigazione internet, l’inserimento dei testi, il phishing, ecc.

Per loro natura le competenze digitali tendono ad invecchiare rapidamente, quali sono le modalità didattiche più percorribili di aggiornamento

Al di là delle opinioni personali, e delle mie esperienze di docenza, ritengo il mix tra on site e online un approccio efficace e interessante. Naturalmente poi dipende dagli obiettivi di ciascun corso. Ho apprezzato alcune esperienze in cui ad esempio dopo l’aula il follow-up veniva svolto online tramite forum tematico. In generale comunque in base ai contenuti, ai tipi di destinatari ed ai contenuti ritengo utile avere un’ampia gamma di scelta in termini di metodologie formative.

Come valuta la preparazione dei cosiddetti nativi digitali rispetto alle competenze informatiche di base ? Sono effettivamente meglio equipaggiati per lavorare nella società digitale? Quali lacune o quali aree di miglioramento devono colmare?

Certamente su questo tema c’è da fare chiarezza. I nativi digitali sono effettivamente molto agili a vedere ed utilizzare quotidianamente dispositivi elettronici e digitali. Ciò non significa che siano autonomamente in grado sviluppare le giuste competenze digitali per interagire e lavorare nella società digitalizzata. Anche i nativi digitali hanno quindi bisogno di Educazione digitale, che dia loro la giusta preparazione e consapevolezza nell’uso di tali dispositivi.

Facendo un parallelo con una tappa fondamentale nella vita dei ragazzi, non è sufficiente possedere il motorino per poterlo guidare in città, ma serve un’adeguata preparazione certificata dalla patente AM.

Anche in questo settore, dunque la formazione gioca un ruolo di primo piano, e con essa la formazione digitale.  

Redazione E-learningSpecialist

Fonte: http://bit.ly/2usnHGg

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