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I genitori devono controllare i figli su WhatsApp

di Annamaria Villafrate

Per il tribunale di Caltanissetta, spetta ai genitori vigilare ed educare i propri figli a utilizzare correttamente WhatsApp e in genere i mezzi tecnologici affinché non siano dannosi per loro o terzi

Interessante per la complessa e sentita motivazione, la sentenza del Tribunale di Caltanissetta dell’8 ottobre 2019 (sotto allegata). Nel provvedimento il Giudice evidenzia la pericolosità dei mezzi tecnologici, la difficoltà di conciliare la libertà di manifestare liberamente il proprio pensiero con la tutela della dignità e dell’onore del minore e l’importanza del ruolo educativo e di vigilanza dei genitori nell’insegnare ai propri figli l’utilizzo di questi strumenti affinché non risultino dannosi per loro o per soggetti terzi, come nel caso di specie. Su segnalazione dei Carabinieri infatti è stata aperta una procedura nei confronti di un minore, responsabile in concorso con altri minori, di aver molestato una coetanea attraverso dei messaggi Whatsapp. Minore che, in conseguenza di dette gravi condotte, ha riportato importanti ripercussioni psicologiche, consistenti in un perdurante stato d’ansia e di paura per la propria incolumità e per quella dei suoi familiari.

Minore minaccia coetanea con messaggi Whatsapp

Su segnalazione di una Stazione dei Carabinieri viene aperto un procedimento nei confronti di un minore, che, in concorso con altri minorenni “per motivi abbietti e futili, profittando di circostanze di tempo, di luogo e di persona tali da ostacolare la privata difesa, con condotte reiterate e utilizzando il sistema di messaggistica istantaneo Whatsapp, molestava” una coetanea, tanto da cagionare alla stessa un duraturo e grave stato di ansia e di paura, che l’ha costretta a cambiare le proprie abitudini di vita, per il timore fondato di vedere compromessa la propria incolumità propria e dei propri cari.

Il minore, ascoltato dal giudice, manifestava dispiacere e pentimento per quanto commesso, riferiva di non aver mai conosciuto suo padre, ma di avere un buon rapporto con la madre che, ascoltata nella stessa sede, dimostrava di essere consapevole della gravità della condotta del figlio e dell’importanza del dovere di educare e vigilare sullo stesso.

Gli strumenti informatici e la pericolosità insita di questi mezzi

Il Tribunale, consapevole della diffusione degli strumenti telematici tra i giovani e i pericoli che possono derivare dal loro utilizzo, consente di comunicare pensieri e idee, diritto tutelato e garantito dalla Costituzione e da altre importanti norme internazionali, che però trova un limite nella dignità del minore, a non subire lesioni della sua reputazione e onore. In tale bilanciamento di valori tra la manifestazione del pensiero e la tutela dei minori, fondamentale è il ruolo educativo dei genitori.

E’ obbligo dei genitori vigilare sull’uso delle tecnologie da parte dei minori

Infatti “gli obblighi inerenti la responsabilità genitoriale impongono non solo il dovere di impartire al minore una adeguata educazione all’utilizzo dei mezzi di comunicazione ma anche di compiere un’attività vigilanza sul minore per quanto concerne il suddetto utilizzo; l’educazione si pone, infatti, in funzione strumentale rispetto alla tutela dei minori al fine di prevenire che questi ultimi siano vittime dell’abuso di internet da parte di terzi” ma anche ad “evitare che i minori cagionino danni a terzi o a sé stessi mediante gli strumenti di comunicazione telematica.”

Ed è su quest’ultimo pericolo che il Tribunale si sofferma, evidenziando come fatti, come quelli commessi dal minore nel caso di specie siano indice di una scarsa educazione e vigilanza da parte dei genitori. Come precisato da altra giurisprudenza di merito: “il dovere di vigilanza dei genitori deve sostanziarsi in una limitazione sia quantitativa che qualitativa di quell’accesso, al fine di evitare che quel potente mezzo fortemente relazionale e divulgativo possa essere utilizzato in modo non adeguato da parte dei minori.”

Alla luce di tutto quanto sopra, il Tribunale conclude disponendo che sia compiuta un’attività di monitoraggio da parte del Servizio Sociale territorialmente competente, ma anche di supporto alla madre del minore per verificare le sue capacità educative e di vigilanza, con obbligo dei Servizi incaricati di relazionare entro 5 mesi, salvo motivi di urgenza.

Fonte: Studio Cataldi del 29/01/2020

 

 

 

 

 

 

 

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